Dal 18 al 25 Gennaio unità dei Cristiani

La data tradizionale per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nell’emisfero nord, va dal 18 al 25 gennaio, data proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico. Nell’emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date, per esempio nel tempo di Pentecoste (come suggerito dal movimento Fede e Costituzione nel 1926), periodo altrettanto simbolico per l’unità della Chiesa.

Ieri, il Papa alle 17.30 con la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura,  ha inaugurato la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, incentrata sul tema: “Cercate di essere veramente giusti”.

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2019 è stata preparata dai cristiani dell’Indonesia.  Paese, la cui popolazione supera i 265 milioni di persone, l’86% si professa musulmano. Il 10% è costituito da cristiani di varie tradizioni. “La corruzione – si legge nel testo preparato dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani – si manifesta in varie forme; colpisce la politica e il mondo degli affari, spesso con conseguenze devastanti per l’ambiente; mina la giustizia e l’applicazione della legge. Troppo spesso coloro che devono promuovere la giustizia e proteggere i deboli, agiscono in modo contrario; di conseguenza, si allarga il divario tra ricchi e poveri, e così un paese ricco di risorse soffre lo scandalo di avere molta popolazione che vive in povertà”.

Per i cristiani indonesiani, le parole del Deuteronomio “Cercate di essere veramente giusti” (Dt 16, 18-20) riflettono la loro situazione: “le comunità cristiane diventano consapevoli della loro unità quando convergono in una comune attenzione e una comune risposta ad una realtà di ingiustizia. Nel contempo, a fronte di queste ingiustizie siamo obbligati, come cristiani, ad esaminare i modi in cui possiamo essere stati coinvolti in queste forme di ingiustizia. Solo ascoltando la preghiera di Gesù “che tutti siano una cosa sola” (Gv 17, 21) possiamo testimoniare di vivere l’unità nella diversità. È attraverso la nostra unità in Cristo che saremo in grado di combattere l’ingiustizia e di offrire quanto necessario alle sue vittime:

“ mercoledì scorso durante l’udienza generale Papa Francesco ci ha esortato a pregare, affinché tutti i cristiani tornino ad essere un’unica famiglia, coerenti con la volontà divina che vuole «che tutti siano una sola cosa» (Gv 17, 21). L’ecumenismo non è una cosa opzionale. L’intenzione sarà quella di maturare una comune e concorde testimonianza nell’affermazione della vera giustizia e nel sostegno dei più deboli, mediante risposte concrete, appropriate ed efficaci”.

La preghiera comune davanti alle spoglie di San Paolo, l’Apostolo delle genti, è l’emblema del cammino di unità che Papa Francesco continua a perseguire insieme ai rappresentanti ortodossi e anglicani.

Riflettendo poi sulla scelta del tema della settimana, fatta dalla Chiesa in Indonesia che ha voluto ispirarsi alla parole del Deuteronomio: “La giustizia e solo la giustizia seguirai”, Papa Francesco mette in evidenza non solo la preoccupazione “che la crescita economica del loro Paese, animata dalla logica della concorrenza, lasci molti nella povertà concedendo solo a pochi di arricchirsi grandemente”, ma sottolinea ancora una volta quanto sia in pericolo il principio di solidarietà:

“ Quando la società non ha più come fondamento il principio della solidarietà e del bene comune, assistiamo allo scandalo di persone che vivono nell’estrema miseria accanto a grattacieli, alberghi imponenti e lussuosi centri commerciali, simboli di strepitosa ricchezza. Ci siamo scordati della saggezza della legge mosaica, secondo la quale, se la ricchezza non è condivisa, la società si divide ”

“È un grave peccato sminuire o disprezzare i doni che il Signore ha concesso ad altri fratelli, credendo che costoro siano in qualche modo meno privilegiati di Dio. Se nutriamo simili pensieri, permettiamo che la stessa grazia ricevuta diventi fonte di orgoglio, di ingiustizia e di divisione. E come potremo allora entrare nel Regno promesso? ”

A soccorrerci, avverte il Pontefice, è l’umiltà che permette di riconoscere “che le benedizioni ricevute non sono nostre di diritto ma sono nostre per dono, e che ci sono state date perché le condividiamo con gli altri”.