A Macomer …una sedia vuota

Lo scorso 20 Ottobre, in occasione della Veglia Missionaria nella città di Macomer in preparazione alla Giornata Missionaria Mondiale, il Vescovo Padre Mauro Maria Morfino ha parlato apertamente ai presenti, nella gremita chiesa di B.V. Maria Regina delle Missioni, di quanto accaduto nel capoluogo del Marghine in riferimento all’omicidio del giovane Manuel Careddu. Di seguito il testo della riflessione.

La sedia vuota

Abbiamo appena ascoltato la Parola del Vangelo dove Gesù promette il Paraclito, promette il Consolatore. È dentro questa categoria della consolazione che questa sera ci troviamo insieme per pregare in questa Giornata Mondiale Missionaria, ma lo sguardo spalancato sul mondo e sulla Chiesa non ci strappa dallo sguardo locale, che è il nostro di Macomer.

Dio solo sa quanta necessità di consolazione, di consolatori, oggi noi abbiamo in cuore per tutti i motivi noti, moltissimi non noti.  Perché ognuno di noi in fondo è questa apertura spalancata che sta attendendo non consolazione, ma il Consolatore, non qualche parola di consolazione, ma una Presenza che consoli in profondità. Che apra lo sguardo alla speranza in un momento come questo dove la speranza è profondamente pestata. Guai se non fosse una virtù teologale, cioè una virtù che il Signore ci regala nel Battesimo, perché di fronte a fatti di questa portata evidentemente la Speranza rischia di affievolirsi così tanto da toglierci il respiro. Anzi da toglierci la voglia di vivere! Ed è davanti al Signore che questa consolazione sappiamo con certezza che ci viene donata sempre nell’ascolto della Parola di Dio, sempre nell’Eucaristia, sempre nella celebrazione di ogni Sacramento. Con abbondanza il Signore ci insegue con il Consolatore. Direi che l’opera di Dio è consolazione. il Vangelo di Giovanni dice che Gesù  seduto alla destra del Padre fa proprio questo mestiere, il Parakletos, colui che sempre a nostro favore si rivolge al Padre, ed il lavorio di questa richiesta è per noi la consolazione. E i motivi di consolazione sono certamente tanti. Innanzitutto la consolazione bella, e per questa vi ringrazio, quella della vostra testimonianza di fede che è preziosissima. Forse voi non vi rendete neppure conto quanto preziosa è per me, per il presbiterio e per la Chiesa di Alghero-Bosa, la vostra testimonianza di fede. Non siete decorativi, non siete qui per il canto, non siete qui per la tecnica: la vostra presenza è il segno della presenza attiva del Consolatore nella nostra Chiesa locale. Voi aprite ancora alla speranza, voi siete dei segni brillanti della presenza di Dio. E per chi è più grande e più avanzato, è grazie a voi che mantenete fede all’impegno della vita, che non avete giocato negli affetti, che avete pagato di persona perché i vostri amori, i vostri affetti, le vostre relazioni si compissero, avessero un volto, avessero un futuro. È questa la cosa grande che vediamo qui.

E per la presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che è un altro segno prezioso di donne che hanno deciso per il Vangelo, per la testimonianza di Simonetta, una bellissima testimonianza frutto di questa terra, non possiamo che benedire Dio.

La consolazione che ci viene data questa sera è veramente tanta di fronte a questa sedia vuota, che tuttavia è vuota. Di fronte ad una vita spezzata da un badile, ma spezzata ancor prima da essere trattata come cosa di poco o di nessun conto, rimaniamo impressionati.

Ma facciamo un passo indietro. La morte non arriva soltanto così. La morte arriva anche quando siamo indifferenti. La morte arriva, e la somministriamo a piccole dosi, ma in modo tragico, quando mettiamo nel corner dell’indifferenza affettiva le persone, quando tagliamo i panni addosso alla gente, quando chiacchieriamo con troppa leggerezza, quando non tiriamo dentro il cerchio dell’amicalità. Tutte morti. E morti annunciate. Questa è eclatante, ma evidentemente dietro c’è tutto questo. Crisi di giovani, tragicamente più grande e crisi nostra, e crisi di adulti, e crisi di adultità, e dismissione di responsabilità. È pensare che le cose grandi e belle della vita possano come un click: tutto e subito. Come si trasmettono i valori? Lo sapete molto bene: non con le parole, i valori si trasmettono vedendoli vissuti.

Devo dire la verità, quando sono partito ormai molti anni fa da Arborea –  quasi mi dimentico da quanti anni sono passati – era il 4 ottobre 1972. Ho lasciato Arborea non perché mi ha affascinato in quel momento la Parola di Dio, almeno quella proclamata, ma mi hanno affascinato alcuni salesiani, e a 14 anni ho detto “io voglio vivere come questa gente”. Poi per Grazia di Dio, dopo tre anni dalla professione – credo fosse quarant’anni fa – mi si è spalancato l’occhio del cuore e ho scoperto la Parola di Dio, in un ritiro spirituale, ascoltando il testo che poi ho voluto commentare anche per la nostra Diocesi, perché è il testo della mia conversione alla Parola di Dio: 1Cor 13, il comandamento dell’amore declinato come ognuno di voi conosce.

I valori si trasmettono senza parole, ed è evidente che se noi incominciamo ad intravedere delle vite che sono appese a quattro spiccioli,  a quattro pasticche, ad un po’ di polvere, a soldi immediati, a tutto quello che voi conoscete molto bene, ci deve far riflettere. Non è una questione di una crisi dei giovani o una crisi dell’adolescenza. E questo veramente ci fa male e io credo che bisogna, a voi e a queste generazioni, chiedere perdono. E farlo sul serio. E farlo cambiando vita noi adulti. Non semplicemente dicendo che così non va. Certo, così non va. E la bellezza della vita che è unica, grandiosa! Potendo ricomincerei a vivere – non mi sarà concesso – ma ricomincerei a vivere! La vita è di una bellezza unica, ma non ci saranno tempi supplementari. E la sedia vuota significa che il posto di Manuel non lo potrà prendere nessuno. Ma così il vostro, il mio posto. E se io sarò irresponsabile, cioè non darò risposta attraverso scelte della vita, che promuovano la vita, che diano vita alla vita, nessuno, neanche Dio, potrà rimediare. Perché in fondo ognuno di noi è frammento di questa unicità, di questa bellezza, di questa santità che è Dio. Neppure Dio può sostituirsi a noi. Voi capite che parlare di missione non è semplicemente: “andiamo”, “partiamo”. Perché parlare di missione? Ma perché ogni nostra singola esistenza è missione. Ognuno di noi è missione. Ognuno di noi ha una unicità da regalare dentro la storia, perché se questo regalo non viene fatto, la storia sarà infinitamente più povera.

Ecco perché Manuel, che non c’è, non è un birillo che è caduto. Penso a lui, ma come volete che da vescovo, da adulto, non pensi agli altri, che hanno preso in mano un badile e che hanno fatto tutto il resto. Non è possibile. Penso ai genitori di Manuel, ma anche ai loro genitori. Voi capite che soltanto un vuoto spaventoso – dove non aver mai intravisto l’unicità e la bellezza della vita, dove non aver mai goduto di amicizie che non siano semplicemente poggiate sullo sballo, sull’essere sfatti, sull’essere non padroni di sè, sull’essere gasati all’inverosimile per raggiungere immediatamente il picco – può portare a tanto. Quel “gasamento” non l’ho mai provato, ma sappiamo che tipo di “gasamento” sia… è un “gasamento” che non può offrire vita.

Ma che cos’è che offre vita? È scritto nel Vangelo della giornata di oggi, XXIX domenica del Tempo Ordinario: dare la vita, offrirla.

I due che stanno andando con Gesù verso Gerusalemme – e Gesù sta andando a Gerusalemme non per fare un po’ di shopping, ma per dare la vita – gli chiedono “noi vogliamo stare seduti affianco a te” cioè noi vogliamo comandare, noi vogliamo avere potere. E Gesù risponde “se volete la vita piena”… intanto gli dice con molta delicatezza “non sapete quello che state chiedendo”… poteva dirgli molto peggio. È stato molto gentile Gesù. Tuttavia l’unica possibilità perché la vita abbia una sua sensatezza è la vita data. Io non so quanto vale la mia testimonianza in questo istante, ma vi posso assicurare che, pur non avendo avuto mogli, non avendo avuto figli, non avendo avuto altre carriere che potevo avere, io non posso che lodare Dio per l’immenso amore con cui mi ha travolto.

Con la gioia incredibile che io ho avuto in tutte le parti del mondo dove sono stato, aprendo gli occhi e rendendomi conto di quale amore sono stato amato dentro la vita da tante persone, da infinite persone. E anche da voi, immeritatamente. Però è tutto legato a questa possibilità che il Signore ci da: dare la vita. “Chi stringe a sè la propria vita, la perde, chi la dona la trova”. E Gesù dà una indicazione preziosa nella pagina che abbiamo letto: “Rimanete nel mio amore”. Come si fa a rimanere in questo amore? Ognuno di noi potrebbe dire e tirare fuori criteri molto personali, ma li da Gesù stesso questi criteri. Sono due: l’ascolto obbediente di una Parola che è capace di fare salvezza nel nostro cuore e scambiarci vicendevolmente amore. Questi sono i due unici criteri che Gesù offre per dire “Tu sei in me”. Nonostante il nostro peccato, la nostra fragilità, le nostre fughe in avanti o indietro, questa è la certezza. E vogliamo prendere questa Parola del Signore e portarla nel cuore: Gesù che ci ripete “come io ho amato voi, voi così donatevi amore gli uni gli altri”. Cosa avremmo detto noi? Come io ho amato te, tu ama me. Come io amo voi, voi così amate me. No! L’amore verso Dio, qui sulla terra, si può unicamente dire quando noi, tra di noi, scambiamo l’amore, ci accogliamo, abbiamo rispetto, abbiamo pazienza, rilanciamo la vita dell’altro. Non come io ho amato voi, voi così amate me. Ma l’unica opportunità per fare l’esperienza dell’amore di Dio vivo, di Gesù vivo dentro la storia, è prendere sul serio chi il Signore ci mette affianco.

Ognuno guardi chi ha affianco, non solo qui, ma nella vita, a casa, a scuola. Quel desiderio che ognuno di noi porta dentro di verità, di libertà, di vita, di amore, di trascendenza, di pienezza, di senso, ce l’ha anche chi è affianco a voi, ce l’hanno in Cina, ce l’hanno in Asia, ogni persona umana che fiorisce qui su questa terra ha questa cicatrice del divino. Viene da Dio e torna a Dio.

Ecco perché chi, in qualche modo, nella sua vita battesimale racconta la bellezza del Vangelo – e non c’è bellezza più grande del Vangelo, non c’è ricchezza più grande nella Chiesa se non il Vangelo – chi nella propria esistenza di battezzato, di consacrato, di presbitero, di diacono, di vescovo, di coniugato, di padre, di madre, decide questo nella propria esistenza, state certi, la vita eterna ha già fatto irruzione nella nostra vita terrena.

 

 + Mauro Maria