La speranza che stupisce Dio: il messaggio del Vescovo per accompagnare i fedeli nell’anno giubilare

In occasione della Giornata per il fondo episcopale di solidarietà e carità del Vescovo (Domenica 6 Aprile 2025), pubblichiamo un breve riassunto schematico del Messaggio redatto dal Vescovo, Padre Mauro Maria Morfino, per un accompagnamento nell’anno giubilare dedicato alla speranza pubblicato su DIALOGO n. 5 del 15 Marzo 2025 elaborato dal Prof. Alberto Cosseddu. È inoltre possibile scaricare la versione digitale integrale del medesimo Messaggio.

Inizia con un augurio il Messaggio del Vescovo in occasione dell’Anno Santo, un augurio in cui risuona l’affetto e la gratitudine, e soprattutto il grande desiderio perché tutta la comunità diocesana viva in pienezza il Giubileo che, quest’anno, il cammino della Chiesa ci ha dato da vivere.  Ed è proprio in questa cornice, che trova il suo significato quanto nel messaggio, padre Mauro Maria, ci ha voluto indirizzare. Il titolo del messaggio, “La speranza che stupisce Dio”, riprende un breve passo del grande scrittore Charles Péguy, e delinea l’orizzonte teologico della speranza cristiana; una speranza il cui Giubileo, afferma il Vescovo, in un tempo come il nostro, “sospeso, arrabbiato, frantumato e insanguinato e, proprio per questo, ancora più famelico di amore […] è acqua nel deserto”. La realtà della speranza, trova poi una molteplice declinazione, prima di tutto nel suo significato spirituale, per poi estendersi a quelle dimensioni del vivere che mettono in gioco il nostro agire, il nostro rapporto con il tempo e, infine, la nostra capacità di porre concretamente segni di speranza nel mondo.

Nel cuore della speranza cristiana

Ispirandosi alle parole dello scrittore francese Péguy, padre Mauro Maria, nella prima parte del messaggio tratteggia la singolarità della speranza cristiana, mettendo in evidenza come essa è tanto sorprendente da stupire Dio stesso, ma anche lasciando intendere che, se un tratto può essere considerato identificativo dell’umano, esso risiede certamente nella capacità che l’umano ha di sperare. Tale certezza diventa anche la chiave di lettura per comprendere la grande privazione che oggi coinvolge gli uomini e le donne, sempre più affaticati e provati, inclini alla cura di passioni tristi e vulnerabili. E tuttavia, nonostante sia questo l’orizzonte del tempo presente, è proprio per questa ragione che diventa indispensabile recuperare il senso profondo della speranza cristiana. Qui, il Vescovo, in un dialogo con diversi testi, le lettere di Paolo ai Romani e ai Corinzi, la Prima Lettera di Pietro, i Vangeli di Marco e Matteo, entra nel cuore della speranza cristiana, che non delude e non fa vergognare, e diventa anche il fondamento dell’impegno nella vita e della responsabilità. Una speranza che nasce dall’irruzione del Regno di Dio nella vita, e che è l’unica buona notizia in grado di sostenere il cuore umano, l’unica in grado di dare vita, l’unica capace di tradursi in compassione. Una speranza, che è Cristo stesso.

Le tentazioni che non hanno la meglio

La speranza cristiana, viene anche letta dal Vescovo in relazione alla realtà della tentazione con cui ogni esistenza si misura, e diventa l’occasione per riaffermare come essa si nutra della stessa Parola di Dio. Solo nel rapporto con la Parola si diventa capaci di lasciarsi condurre nell’esperienza della storia, delle molte prove che mettono in tensione le fibre dell’umano. Allo stesso tempo, la speranza cristiana diventa una speranza che sgombra il campo dall’illusione, dalle paure, dal narcisismo, dalle gelosie. Una speranza che non si nutre di utopie, ma che porta invece a scoprire nel qui ed ora della vita, la possibilità autentica della vita cristiana. Il modello è Gesù stesso, che nella sua povertà “onora l’immagine di Dio senza alcuna contraffazione e preserva, integra, la speranza dell’uomo”. Nel farsi uomo, nel suo consegnarsi alla fragilità, Gesù diventa il maggior garante della vita umana, una vita la cui libertà e il cui senso non si esauriscono più di fronte alle prove della vita, alle tentazioni, alle perversioni della libertà, ma hanno finalmente la dimensione della gioia e dell’amore.  

Saggi abitanti del tempo

Nella terza parte, troviamo invece una meditazione sul tempo e sull’importanza di abitarlo sapientemente. È proprio nel tempo, che – afferma padre Mauro – troviamo la grande occasione, il dono prezioso, in cui apprendere a sperare, credere, amare. Esso va riscoperto, ma soprattutto va ritrovato nella sua unità. Facciamo infatti i conti con “più tempi e tempi scuciti tra loro”, in cui non sappiamo più abitare il nostro cuore e in cui, in fondo, non sappiamo più chi siamo. Risuona quindi forte, l’invito per una nuova e più matura esperienza del tempo, prima di tutto riscoprendo la bellezza delle diverse età della vita, e poi le possibilità che solo il tempo dona per costruire relazioni significative, all’insegna della gratuità, dell’empatia, della reciprocità. Occorre anche recuperare la memoria, la capacità di vivere ogni momento della nostra storia non solo come un tempo cronologico che scorre indisturbato, ma come il tempo opportuno (kairós) in cui fare esperienza della Pasqua. Per questo, occorre ripensare il proprio modo di vivere il tempo, riscoprendo l’interiorità, il silenzio, l’ascolto della Parola,  il riposo, ed evitando quell’uso malato del tempo che oggi ha molte forme e che il Vescovo esamina meditando alcune delle più profonde pagine della spiritualità cristiana e monastica.

Testimoniare la speranza

L’ultima sollecitazione che troviamo nel messaggio, riguarda infine la nostra capacità di porre segni di speranza. Una speranza che non può mai restare confinata nello spazio di un’intimità chiusa al mondo, ma rivendica “un accoglienza che ci abilita, a nostra volta, a farci dono, provo-candoci ad esprimere e concretizzare misericordia e giustizia, prossimità e compassione, cura e tenerezza verso chi è nel bisogno”. Si tratta di ritrovare, proprio nella carità operosa, il segno più tangibile di speranza,  speranza per chi non ha più casa, per le famiglie in difficoltà, per i detenuti, per gli studenti che, in difficoltà economica, hanno desiderio e capacità per continuare i loro studi. Si tratta di un invito a far la propria parte e di una possibilità, perché il Giubileo della Speranza sia veramente tale. Per tutti.