Funerali Michela Fiori: il testo dell’omelia del Vescovo Morfino

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia del Vescovo Mauro Maria Morfino per i funerali della giovane mamma e moglie Michela Fiori, celebrati lo scorso 29 Dicembre nella Chiesa Cattedrale dell’Immacolata Concezione in Alghero.

«Celebriamo nella fede questo momento che è un momento di dolore. Celebriamo cioè da credenti in Gesù morto e risorto questo pianto lungo una settimana. Ma Michela non è persa, mamma non è persa. Questa è la nostra fede! Perché voi capite che le lacrime che sono scese in questa settimana è il dolore che non ha nome, che ognuno di noi porta in cuore. Se è così grande il nostro dolore, posso immaginare il dolore vostro, di chi a Michela ha dato la vita, di chi le è fratello, dei figli, di tutti… È un dolore che non ha nome e noi vogliamo portare questa impronunciabilità del nostro dolore lì soltanto dove può essere pronunciato: davanti al Signore morto e risorto.

Michela non l’abbiamo persa, Michela è stretta alla vita stessa di Dio. Certo le modalità e questa storia sono una storia che non doveva succedere. 59 giorni fa ero a Macomer per un altro funerale, del diciottenne ucciso dai coetanei. In 59 giorni 2 cose così che toccano la nostra vita, toccano il cuore, toccano le nostre comunità… certo sono una cosa impropria assolutamente. Uno è già di troppo, due ci può piegare le ginocchia. Ecco perché innalziamo il nostro sguardo al Signore della vita, che vive, e noi siamo qui intorno a lui nel suo nome… e la pagina del Vangelo ci dice qual è il sentimento di Gesù in questo istante nei riguardi di Michela, nei riguardi di ciascuno di noi: «colui che viene a me io non lo caccerò fuori […] sono disceso per fare la volontà del Padre, e la volontà del Padre è una: che nessuno si perda di coloro che il Padre mi ha affidato», cioè di coloro che io amo, di coloro che il Padre ama. Questa è la verità: ciò che è lambito dall’amore non può morire, non può sparire, soprattutto quando questo è l’amore di Dio. Certo, se noi pensiamo all’unicità della vita umana, come Michela non ce n’è stata una prima, non ce n’è una adesso, non ce ne sarà una poi. Ma questo vale per ciascuno di noi, ecco perché c’è una indisponibilità totale di ogni creatura umana ad essere non amata, non curata, non rispettata… uccisa. Dio ha detto la sua bellezza, la sua grandezza, la sua Santità in ognuno di noi. Ognuno di noi è un frammento di questa unicità e bellezza e santità di Dio. In questo momento nel mondo manca la lucentezza di Michela, l’unicità di Michela… e nessuno sostituisce nessuno. Michela non può essere sostituita! La cosa vera e bella è che Michela non è sparita perché in Dio vive nella sua pienezza e noi l’abbracceremo, perché anche noi passeremo dall’altra parte, tutti, ma in questo istante il frutto di questa bellezza e unicità di Michela continua nelle persone che sono a voi vicino. Lo dico (questo) soprattutto per Mattia e per Cristian… e per nonna. È un gesto di amore che continua a dare vita alla vita. Giuseppina, se c’è qualche cosa che in questo momento bisogna ricordare è che Dio starà dalla tua parte, non si tirerà indietro e tutto ciò che tu porti in questo istante come dolore, che solo una mamma può conoscere, avrà una fecondità, deve avere una fecondità di vita per Mattia e per Cristian.

Noi per questo oggi preghiamo, noi per questo vi accompagniamo… e la pagina che ho voluto scegliere come prima lettura dice anche la verità di tutto questo: le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie, si rinnovano ogni mattina: grande e la sua fedeltà! Ogni mattina, in te, in voi si rinnova la Misericordia di Dio… E – direi – quell’amore che è stato malamente troncato, in Michela, in voi è vivo e voi dovrete dare questo volto a questo amore che avrebbe voluto continuare ad essere vivo, pieno, tenero. Dio è dalla vostra parte perché Dio è dalla parte dei feriti, dei poveri, dei piccoli, di chi ha lacrime e non altro conforto. Noi possiamo dirvi e darvi conforto, ma – lo sappiamo bene – solo Dio sarà risposta a questo dolore grande. «Chi ci separerà dall’amore di Dio?» – ci ha ripetuto la scrittura –. Nessuna realtà! e l’unica cosa di cui noi abbiamo bisogno e in questo istante ancora di più è l’amore, non c’è altro! E perché tutto quello che è capitato è capitato? Dobbiamo chiamare le cose per nome: per amore non si ammazza; per amore si può solo dare la vita.

Tanto è vero che ogni forma di amore che si nutre del proprio narcisismo, delle proprie gelosie, delle proprie paure è un amore violento, è un amore che toglie la vita… ed è quello che, tristemente, stiamo registrando: 8 in Sardegna, centinaia in Italia. Di quale Amore abbiamo bisogno? Qual è l’amore che darà vita ancora alla vita già bella e prospera di Mattia e di Cristian? È l’amore di gratuità. Dio è gratuita, noi non parliamo di un amore… “così”. L’amore di Dio si è manifestato a noi in Gesù come gratuità, diversamente, se non c’è gratuita, l’amore è violento, l’amore uccide… e in questo momento, voi capite, c’è un’Alghero, ma, richiamando anche il fatto di 59 giorni fa, c’è una Chiesa, la Chiesa di Alghero-Bosa, che vive un momento di grande dolore, perché sa che questo alzare la mano può produrre soltanto ulteriore dolore… si può soltanto rovinare la vita. Sono stati dati i segni molto belli di vicinanza, di prossimità… Io ringrazio la famiglia innanzitutto per la testimonianza della fede: è la cosa più preziosa che voi avete, il resto si farà. Ma questa è l’eredità che vi chiedo di mantenere viva e possiate trasmetterla integralmente bella com’è a Mattia a Cristian e a Giuseppina, che fa da mamma, assume un ruolo duplice, grande, unico di nonna e di mamma.

È molto bello quello che Alghero è stata capace di fare, ma, voi capite, non basta. Perché non basta? Perché non deve capitare mai più. Mai più! Può capitare ancora? Sì, potrebbe capitare: tutte quelle violenze sotterranee, criptate; quelle chiusura in se stessi; quei silenzi; quei baci non dati; quegli abbracci non concessi; tutto quello che in qualche modo è disattenzione, facendo lievitare soltanto e sempre e comunque i propri interessi senza guardare all’altro, a chi il Signore ci ha messo a fianco d’amare, non da pestare, non da ammazzare. Potrà succedere ancora se tutto questo non avviene. Ed è per questo che bisogna vigilare, ed è per questo che non bisogna dare spazio anche a quelle piccole ripicche, a quelle violenze che sembrerebbero minuscole, eppure la violenza è sempre gratuita, purtroppo, e la violenza è cieca, perché chi la compie è tutto ripiegato in se stesso, non prende in considerazione il volto di chi gli è affidato da amare, e non può far altro che dare una risposta immediata alla sua passione; ai suoi pallini; alle sue voglie; ai suoi vizi: è cieca! … e produce quello che stiamo toccando con mano. E allora chiedo al Signore per ciascuno di voi, soprattutto per quella realtà così bella, così unica, così fragile, che è la famiglia – lì si consumano le violenze più grandi, nel luogo che dovrebbe essere la scuola della tenerezza, dell’accoglienza, della condivisione, della promozione della vita…: diventa talvolta una scuola di morte. Dio ha affidato a noi, attraverso l’amore di gratuità, le persone, perché possiamo donare loro vita, la vita: «chi stringe a sé la propria vita, la perde; chi la dona, la trova» e – direi – che una cosa bella, che mi ha consolato in questi giorni, è proprio questa: il grande desiderio di Michela di dare la vita. I figli sono il primo, grande frutto del desiderio della vita. Ecco perché non è morta. Chi muore? Chi non si dona! Chi muore? Chi rapina gli affetti! Costoro muoiono, costoro finiscono… Michela no! … Vegliamo! Vegliamo, perché Alghero non debba piangere ancora momenti di questo tipo, però ricordiamo: è una responsabilità personale. Ognuno [di noi], tornando a casa oggi, [è invitato a] ri-guardare le persone che il Signore ci ha affidato da amare e sapere che io do vita a loro, non sono chiamato a togliere la vita, a sminuire la vita, ma mi sono donate quelle persone proprio perché abbiano vita. Il Signore ha scelto me, ha scelto ognuno di voi, ognuno di noi, perché l’altro/l’altra abbia vita. Soffermiamoci su quelli che sono gli atteggiamenti che da lontano potrebbero condurre a rivivere funerali come questo momenti come questo: disattenzioni; non tenerezza; chiusura… Quanti silenzi uccidono! quante parole mal dette uccidono! …

E la vita è fatta invece proprio di queste piccole realtà, che sono le realtà, però, che danno vita alla vita. Vorrei presentare al Signore il dolore di questa famiglia, ma il dolore appunto di tutti noi. Vorrei dire alla famiglia che i nostri modi tentano di essere i più eloquenti possibile, ma ve lo ricordo ancora, e lo ricordo a me stesso: Dio solo in risposta vera saziante e piena al desiderio di vita che ognuno di noi porta dentro. Noi siamo… e io voglio essere collaboratore della vostra gioia, collaboratore della vostra vita… ma noi tutti rimaniamo collaboratori. Il Signore ci conceda di essere collaboratori della vita delle persone… e il dito puntato, voi lo capite, in questo istante non serve a niente, la giustizia farà il suo corso. Ma a noi compete preparare un terreno perché l’esperienza di questi giorni non la riviviamo mai più. Preparare il terreno vuol dire tornare a casa e ognuno di noi colga un atteggiamento che vede, intravede violento nella propria esistenza… anche di violenze un po’ criptate. Dobbiamo toglierlo. Oggi, tornando a casa, dobbiamo decidere di togliere la spina ad un atteggiamento violento che percepiamo: di gesti: verbali, di mimica facciale; di interventi pesanti. Dio mai voglia di mani alzate! Dio mai voglia di mani alzate! Per Marcello, preghiamo».

Foto: La Nuova Sardegna